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Unioni civili: polemica alla Rai sul programma Stato Civile.

Gli ultimi giorni dell’anno hanno purtroppo ospitato una assurda e pretestuosa polemica contro la Rai, colpevole di aver riproposto in prima serata un programma dedicato alle unioni civili. La trasmissione, già proposta fra ottobre e novembre in seconda serata, prende spunto dalla recente approvazione in Italia della legge Cirinnà sulle unioni civili e cerca di documentare le storie delle coppie che si sono accostate a questo nuovo strumento giuridico per tutelare le loro unioni. Storie fatte di tanta attesa, di anni lunghi ed intensi di convivenza senza alcun diritto, contro il pregiudizio iniziale delle persone, ma anche storie di affetti e di vicinanza che persone gay e lesbiche hanno saputo costruire negli anni e che hanno voluto essere a fianco con emozione e partecipazione al grande evento. Spaccati di vita belli da vedere che portano gli spettatori e commuoversi tanto sono semplici e reali.

Proprio questo ha dato fastidio ai soliti neo-untori anti Gender che subito hanno chiesto la sospensione del programma e chiesto una maggiore cura per la tutela dei loro pregiudizi e delle loro ignoranze, sempre chiamando strumentalmente in causa la tutela dei bambini. “ Sono temi sensibili e non è giusto che si parli ( in positivo) di questi argomenti nelle fasce in prima serata che dovrebbero essere dedicate alle famiglie.”

Ipocrisia, ideologia religiosa, bassezza politica e grande ignoranza si sono così mischiate in un grande mix mediatico. Probabilmente a queste persone infastidisce la narrazione della vita reale delle persone gay e lesbiche solo perché discreditano le loro posizioni fatte di pregiudizi e chiusure mentali.

Unioni Civili: l’articolo di Famiglia Cristiana.

Nella danza dei soliti neo-untori anti gender, tese sempre ad alimentare paure nei confronti di un’ ideologia che sta solo nel loro meschino pregiudizio e da loro inventata e chiamata “ideologia del gender”, ha purtroppo partecipato anche il settimanale cattolico Famiglia Cristiana. In un articolo del docente universitari lecchese Marco Deriu si pongono dubbi sia per il fatto che la trasmissione sulle unioni civili sia andata in onda nella così detta “fascia protetta”, sia perché il periodo scelto è quello natalizio che per l’autore dell’articolo è la festa per antonomasia della famiglia.

Deriu prende spunto e fa suo il pensiero del rappresentante dell’Associazione Italiana Telespettatori, una Onlus di chiara impostazione cattolica che fra i suoi scopi persegue l’obbiettivo di “Contribuire allo sviluppo dei valori di libertà e di giustizia, all’affermazione della dignità della persona, al bene comune secondo i principi e i cardini della Dottrina Sociale della Chiesa”. Il direttore della Onlus, protestando per la messa in onda del programma sull’ unione civile si chiede perché mai Rai 3, la rete imputata, non realizza programmi che risaltano le difficoltà ed i valori della tradizionale famiglia eterosessuale che fatica a progettare il suo futuro e generare figli. Osservazione banale che però Deriu fa sua e rilancia dimenticando che da sempre i programmi tv italiani si sono limitati a descrivere quella famiglia fatta solo da un uomo ed una donna. Ora che si apre uno spiraglio che racconta la vita di unioni e famiglie composte da due uomini o due donne, nasce lo scandalo delle unioni civili e si chiamano in causa banali fasce di ascolto protette. Non importa se per i restanti 360 giorni dell’anno tale fasce protette spargono immagine di violenza a volte terrificanti, rappresentazioni di donne ridotte a veline, litigi fra politici di basso rango ospitati da giornalisti compiacenti che bramano solo polemica e rissa televisiva, o reality che indagano e promuovono pettegolezzi e maldicenze.

Quanto ancora sono forti i pregiudizi sulla realtà delle persone gay e lesbiche è allora ancora una volta molto chiaro, così come è chiaro il ruolo di cattolici pseudo progressisti o conservatori che non possono sopportare la narrazione della naturalità dell’amore fra due persone dello steso sesso perché dentro di sé  vogliono mantenere un’immagine negativa dell’omosessualità e fanno di tutto perché questa stessa visione omofoba venga riproposta alle nuove generazioni ed ai loro figlie, cercando di imporla anche ai figli degli altri.

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