
Il 29 marzo è stato approvato dal Senato il decreto Minniti-Orlando sui rifugiati in Italia con piccole variazioni rispetto alle richieste giunte da Magistrati, da alcuni ordini di Avvocati e da tutte le Associazioni che si occupano di migranti.

Ecco cosa dice Gabriella Friso del Direttivo dell’Associazione radicale Certi diritti e iscritta a “Renzo e Lucio”.
“Prima di tutto voglio evidenziare che l’errore di fondo del DL 13/2017 è quello di cercare un rimedio facile ma inefficace all’aumento delle richieste di riconoscimento della protezione internazionale e del conseguente aumento del contenzioso giudiziale – le cui cause vengono però ignorate dal legislatore che non prende nemmeno in considerazione l’ irrazionalità del sistema attuale di accoglienza (che ha creato veri e propri “imprenditori dell’accoglienza”, spesso privi di competenza) e l’irragionevolezza di un sistema che per legge impedisce ai cittadini stranieri di entrare regolarmente in Europa ed in Italia.
Per capire quanto cambierà il procedimento di richiesta di asilo occorre sapere che fino ad oggi i richiedenti asilo affrontano la Commissione territoriale senza assistenza legale e spessissimo senza preparazione alcuna. Una volta ricevuto un diniego possono rivolgersi al Tribunale ed eventualmente, in secondo grado, alla Corte d’Appello e infine alla Cassazione che, però, esamina la richiesta non entrando nel merito della storia del rifugiato in Italia ma valutando la correttezza del procedimento.
Solo andando in Tribunale queste persone hanno diritto ad avere l’assistenza di un avvocato, ma già negli ultimi mesi si è assistito ad una revoca generalizzata dei gratuiti patrocini che ha avuto come conseguenza quella di impedire di fatto ai richiedenti asilo il diritto alla difesa, poiché i molti che non lavorano non possono permettersi di pagare un avvocato…. E’ anche vero che gli/le avvocati/e di molte associazioni hanno continuato a rappresentare volontariamente e gratuitamente i ricorsi, ma il diritto alla difesa costituzionalmente previsto è stato più volte disatteso.
Il DL 13/2017 è destinato inevitabilmente a non risolvere la questione dell’asilo, perché se è vero che determinerà la riduzione del contenzioso (eliminando la possibilità di presentare appello e sostanzialmente il diritto alla giustizia per i richiedenti asilo), non potrà mai eliminare le persone che arrivano in Italia e che rimarranno “indivisibili”, facili vittime di sfruttamento lavorativo e concorrenziale con i cittadini italiani, o della criminalità.
Non esamino in questa sede nel dettaglio tutte le mostruosità contenute, ciò che mi preme evidenziare, tra le novità introdotte dal testo approvato dal Senato, sono tre dei cambiamenti introdotti:
- La commissione territoriale per la valutazione delle richieste di asilo rimane la prima tappa e l’audizione verrà videoregistrata, salvo che il migrante si appelli alla privacy (quando mai oseranno chiederlo? e, se le informazioni continueranno ad essere il nulla odierno, si potrà mai sperare che lo sappiano?). Se la richiesta di asilo fosse respinta, l’interessato può ricorrere al giudice che acquisirà il materiale raccolto dalla Commissione territoriale.
I richiedenti affrontano e affronteranno la Commissione territoriale da soli e con pochissima preparazione, spesso le traduzioni fatte dagli incaricati sono approssimative, talvolta errate e incomplete, tanto da costituire degli elementi da sottoporre alla valutazione del Giudice e molti non sanno neppure i motivi per cui può essere concessa una qualsiasi forma di protezione, quindi non sono in grado di evidenziare nelle loro storie gli aspetti più importanti per vedere accolta la loro richiesta. Le bocciature sono già moltissime…
Giunto in Tribunale la procedura non prevede necessariamente un’audizione del migrante o di suoi rappresentanti. Come farà dunque il Giudice a valutarne l’attendibilità se nemmeno lo incontrerà e potrà interrogarlo? Il testo approvato in Senato prevede che l’udienza sia fissata se il migrante stesso la ritiene essenziale ai fini della decisione e presenta una richiesta motivata in tal senso. Di fatto il Giudice potrà decidere senza aver MAI incontrato il richiedente asilo.
- Verrà istituita una sezione specializzata per giudicare i ricorsi. Le sezioni specializzate saranno 26 in tutta Italia, ma le loro funzioni dovranno essere garantite con “risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili”, dunque senza nuovi oneri a carico dello Stato. Non è previsto appello contro la decisione del giudice, ma rimane in piedi la possibilità di ricorrere alla Cassazione. È questo uno dei punti più controversi del provvedimento, perché secondo diverse associazioni del settore limita i diritti del migrante: basti pensare che per una multa i cittadini hanno diritto all’appello, per decidere sulla loro vita, queste persone no!
Veniamo ora ai richiedenti asilo LGBTI, che è una delle categorie di richiedenti asilo tra le più vulnerabili e complesse da valutare.
Queste persone arrivano da Paesi in cui vengono perseguitati, imprigionati, torturati e talvolta uccisi a causa del loro orientamento sessuale o identità di genere. Coloro che hanno una bassa scolarizzazione, non sanno neppure che l’Italia non ha leggi che li condannano e quindi non solo nascondono all’interno delle comunità di accoglienza la loro condizione per paura di essere emarginati e rischiare violenze e ritorsioni, ma cercano addirittura di nasconderlo ai Commissari. Quelli che lo raccontano, dopo essersi nascosti per una vita, hanno grossissime difficoltà a parlarne esplicitamente con persone sconosciute, sebbene commissari o Giudici, che spesso rivolgono loro domande molto esplicite sulla loro vita sessuale. Molti commissari bocciano le richieste di protezione perché “il/la richiedente asilo non è stato/a in grado di spiegare il percorso psicologico ed emotivo che ha portato alla presa di coscienza della sua omosessualità…” percorso che è di difficile spiegazione anche per molti/e ragazzi/e italiani/e, figuriamoci per persone provenienti da Paesi dove la loro condanna è generalizzata, dove lo Stato e la Religione li puniscono ferocemente e le persone stesse vivono la propria omosessualità spesso come un errore o un peccato… Quindi è soltanto in Tribunale che le loro storie iniziano ad emergere tra molte difficoltà.
I ragazzi che nei Paesi di origine si sono prostituiti ancora di più celano questa attività, addirittura giungono ad attribuirsi i peggiori reati per non raccontarlo. Per la loro cultura di provenienza è meno grave aver commesso un reato grave che essersi prostituiti con persone dello stesso sesso. I ragazzi prostituti che ho incontrato hanno poi una scolarizzazione molto bassa o inesistente, cosa che complica ancora di più la comprensione delle procedure complesse dell’iter della loro richiesta di asilo e limita la loro capacità di comprendere anche le loro vicende personali, spesso legate allo sfruttamento da parte di europei o compaesani molto facoltosi, che più facilmente sfuggono ai controlli della polizia e alla “giustizia” locale.
Giudici poco preparati, avvocati che poco conoscono della condizione delle persone LGBTI, sono spesso la causa di una seconda bocciatura. Spesso i Giudici del Tribunale a causa del cambiamento delle loro storie li ritengono non credibili… oltretutto come si può dimostrare l’orientamento sessuale?
Come potranno essere preparati i Giudici delle “sezioni SPECIALI” previste dalla normativa, per conoscere le condizioni e le culture dei Paesi dei richiedenti asilo, saper rapportarsi correttamente con persone vittime di tratta, torturate e quelle LGBTI senza che lo Stato investa neppure un euro per la loro formazione e per mettere loro a disposizione i mezzi che permettano loro di svolgere questo compito?
Solo dopo la bocciatura in Commissione o in Tribunale i richiedenti LGBTI prendono contatti con Associazioni LGBTI italiane che possono diventare riferimenti importanti sia sul piano individuale perché spezzano la solitudine in cui si trovano, ma anche possono testimoniare sulla loro condizione.
Paradossalmente quindi il rischio è che questa riforma sia foriera di bocciature proprio delle categorie di richiedenti asilo più vulnerabili e con meno strumenti culturali.
Si aggiunge poi tra le prossime riforme, la definizione dei Paesi considerati sicuri, quindi nonostante le decisioni di protezione dovrebbero essere valutate esaminando la situazione personale, si prenderà in considerazione il Paese di provenienza. Ebbene già ora la Questura di Milano ha adottato dei provvedimenti immediati di espulsione di richiedenti asilo provenienti da Paesi “sicuri” senza che queste persone potessero neppure presentare (anche se inseriti in progetti d’accoglienza) la richiesta di protezione. Non oso immaginare cosa succederà quando la valutazione del Paese sicuro sarà legittimata in Italia ma anche a livello europeo… Bastino alcuni esempi: Senegal, Tunisia, Ghana, Gambia, Turchia, Egitto, Libano, Uganda, i Paesi dell’Est Europa …., con alcuni di questi l’Italia ha anche sottoscritto dei trattati per il rimpatrio dei richiedenti asilo, e sono Paesi considerati sicuri ma lì si perseguitano, condannano, imprigionano le persone LGBTI o c’è una condanna culturale, religiosa e morale così generalizzata che li espone ad ogni tipo di violenza.
Non si sfugge solo dalle guerre ma anche dalla mancanza di democrazia, dalle persecuzioni, dalla povertà… Le leggi sempre più restrittive non bloccheranno gli arrivi e il nostro Governo dovrebbe rispettare l’ Art.10, la nostra Costituzione che afferma:
“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.”
Gabriella Friso del Direttivo dell’Associazione radicale Certi diritti e iscritta a “Renzo e Lucio”