You are here
Home > GENDER > 03/07/14 SULLA “PERICOLOSA” TEORIA GENDER

03/07/14 SULLA “PERICOLOSA” TEORIA GENDER

scritto di Marco Mori presidente CIG arcigay Milano

Negli ultimi mesi si stanno susseguendo attacchi di tipo politico, culturale verso le associazioni LGBT quali portatrici di una pericolossissima e fantomatica “teoria gender” con la quale le associazioni LGBT sono accusate di voler convertire i giovani all’omosessualità nelle scuole, di attaccare la famiglia tradizionale imponendo un modello di famiglia gay, e di voler costituire in modo coercitivo un nuovo ordine mondiale privo di differenze sessuali.

Il 95% della ricostruzione teorica dei principi, metodi, metodologie utilizzate e ricondotte alle “teorie del gender” é rintracciabile su siti religiosi e/o confessionali. Il nostro errore è stato lasciare campo libero a un certo tipo di informazione permettendo così che ricostruzioni ideologicamente false fossero accessibli ai non addetti ai lavori e permettessero così la diffusione di paure ingiustificate e un rafforzamento di pregiudizi omofobici nonchè una errata ricostruzione delle nostre attività.

Cercherò quindi di sciogliere alcuni dubbi e ricondurre l’attenzione su un piano onesto del dibattito.

1) che cos’è la Teoria del Gender La teoria del gender così come viene “profetizzata” e diffusa da media prevalentemente cattolici non esiste. E’ una semplificazione pacchiana e scorretta di un campo vastissimo di studi. E’ un “mostro linguistico” di facile impatto e facile memorizzazione. Per chiarire, la categoria di “genere” è in uso dagli anni Sessanta negli Stati Uniti, sia all’interno della ricerca sociologica, sia in quella antropologica. In altri paesi, ad esempio in Francia, in particolare sotto l’influsso di Lévi-Strauss, in quegli anni, anche se con qualche eccezione, invece si parlava di “differenze sessuali”. Riflessioni sul “gender” e sul genere come “focus” a sè iniziano a prendere piede solo tra gli anni Ottanta e Novanta, inserendosi in un campo di ricerca in continuum tra l’antropologia statunitense e lo strutturalismo francese. Fonte di critiche e appluasi è ad esempio il testo di Judith Butler “Gender Trouble” del 1990 tradotto solo 14 anni dopo in Italia con il titolo discutibile “Scambi di genere”.
NON ESISTE quindi una “teoria del gender”, come esiste il dogma presso altre istituzioni che invece impongono una visione della verità (della vita e della via)…. esiste semmai un vasto campo di studi sul genere (sul maschile, sul femminile, sull’identità, sui ruoli etc..) che spazia quindi da psicologia, antropologia, sociologia, storia, studi post coloniali, critica letteraria, filosofia. (anche teologia, ovviamente protestante riformata). Esistono diverse speculazioni teoriche, diverse riflessioni, alcune in netto contrasto tra loro. Non esistono dogmi e verità, esiste invece un acceso (e salutare) dibattito.

2) La teoria del gender vuole annullare le differenze sessuali anzi, dice che le differenze sessuali non esistono. Appurato che questa cosiddetta teoria non esiste, è innegabile constatare che le differenze sessuali siano una delle regole di base della nostra società. Il punto di discussione è quali sono i meccanisimi causali che permettono di costruire queste regole, e se queste regole sono giuste o meno.
Chi attacca gli studi di genere lancia anatemi sulla distinizione ormai pacificata in tutti gli studi indipendenti e aconfessionali che viene fatta tra sesso biologico, identità di genere, ruolo di genere, orientamento sessuale. Una differenza che vuole riequilibrare il campo che altri studi, quelli sì normativi e impositivi sugli individui, semplificano in “maschio e femmina”. Una differenza di termini necessaria perchè questi diversi termini descrivono cose diverse.
Non è vero che il sesso biologico non esiste. Semmai non si può utilizzare il termine “sesso” quando ci si riferisce ad esempio a ciò che viene inteso con il genere.
Inoltre, il concetto di identità di genere non è esplicativo nè del dato sessuale, nè tantomeno del ruolo ad esso associato (o associabile). Per farla semplice: nessuno di noi intrattiene una relazione immediata, trasparente, innegabile con il sesso biologico.
Ci appelliamo invece sempre a determinati ordini discorsivi, delle regole che inseriscono il sesso biologico in un discorso più ampio, con delle determinazioni e delle destinazioni.

Quali sono questi ordini discorsivi? Sono tanti.
Nasciamo, e dopo una visita obiettiva (sulla base di decisioni mediche, conoscenze cliniche, etc etc) siamo identificati con un sesso biologico o, di fronte a quelle chiamate “anomalie”, ricondotti ad uno dei due sessi socialmente accettati, per sfuggire da quello che se biologicamente è una costante (interessualismo) individuabile senza interruzione di continuità in diverse decine di modalità, tuttavia è socialmente (e culturalmente) inaccettabile perchè si discosta da quel “maschio e femmina li creò”. Anche se a ben vedere anche quel libro parla di una E, non di una O. A chi insiste nel voler parlare solo di sesso biologico e differenze sessuali e ci guarda come marziani, non possiamo che rispedire al mittente le accuse di essere fissati con il sesso! Non è infatti il sesso che ci “descrive” quando veniamo messi nelle nostre culle. Sono semmai i colori usati per le lenzuola delle nostre culle, i giochi “opportuni” che quando cresciamo possiamo fare o non fare, i “discorsi” che possiamo o non possiamo dire che associano al sesso qualcos’altro. Il rosa e l’azzurro sono, anche se sono sempre più messi in discussione, espressione colorata di quelle norme che “irregimentano” il maschile e femminile come espressioni non del sesso, ma appunto del genere. Un concetto questo che parte dall’esperienza dell’individuo per descrivere sè e l’altro, e che ha creato in tutti questi secoli una costruzione storica delle rappresentazioni sociali dell’individuo, correlando modelli di relazione, ruoli, aspettative, vincoli ed opportunità diverse. I giochi da maschio, i comportamenti adatti a una bambina, i doveri del “vero uomo”, fino ad invadere il campo delle relazioni, del piacere e del desiderio. Mai nessuna attività di Arcigay Milano ha messo in discussione le differenze sessuali, semmai sono state approfondite, anche con attività ludiche e interattive, quelle regole sociali che spesso finiscono con associare alle differenze sessuali, ai generi e agli orientamenti sessuali degli stereotipi, dei pregiudizi, stigma vari che poi sfociano in discriminazioni, esclusioni e aggressioni.

Come facciamo? Decostruendo le regole.
Se fai vedere la faccia di un uomo adulto che piange e poi allarghi l’immagine sulla figura intera che ritrae l’uomo mentre tiene in braccio sua figlia puoi ragionare, prima e dopo, senza parlare nè di comportamenti nè di orientamenti sessuali, anche con i più giovani di come spesso a un determinato “sesso” (o meglio genere) vengano accompagnati dei comportamenti che una certa cultura non ritiene leciti, opportuni, giusti. Sì, un uomo può piangere e non essere meno uomo. Perchè piangere non è un comportamento femminile. Vogliamo sdoganare da un immaginario discriminato e discriminante quei comportamenti che ricondotti al genere, alle identità e agli orientamenti sessuali creano una descrizione del mondo che fa del male.
Se questa è la nostra colpa siamo fieri di averla commessa. Non attacchiamo la realtà, nè promuoviamo un nuovo ordine omosessualista (!) Al contrario, riconosciamo che alcune norme che pendono sulle nostre teste e ci vengono trasmesse quotidianamente prescrivono, discriminando, ciò che dobbiamo fare per essere un uomo o una donna. Riconosciamo che alcuni individui sono appassionatamente attaccati a questo tipo di norme, e le incarnano con ardore; e da queste norme deriva il loro potere sociale. Sappiamo che altri, invece, le rifiutano. Alcuni le detestano, ma si adeguano. Altri ancora traggono giovamento dall’ambiguità… Tuttavia, abbiamo tutti bisogno di norme perché il mondo possa funzionare: noi al contrario di altri ispirati da dottrine dogmatiche e verità rivelate, lavoriamo a disposizione di tutti, senza pregiudizi, per capire quali norme convengono di più a questa umanità.

3) la Teoria gender è contro la famiglia naturale / famiglia tradizionale. Qua siamo di fronte a un doppio dilemma. Non esiste la teoria del gender, come già scritto, ma non esiste nemmeno la famiglia naturale.
Il concetto di “naturale” è cambiato nel corso dei secoli, delle culture che si sono succedute nella storia. Nell’antichità era naturale che qualche uomo fosse schiavo e qualcun’altro cittadino libero. Era naturale che le donne fossero inferiori. Erano naturale, per il diritto romano, tutta una serie di argomentazioni. Associare il termine naturale alla parola famiglia insulta secoli di ricerche e studi. Nella contrapposizione tra studi di genere e tradizione emerge il meccanismo di fondo che anima i divulgatori ossessionati dalla paura di un presunto nuovo ordine omosessualista. Ossia la loro innata omofobia. Uomo, donna e bambini. Solo questa può essere la composizione della famiglia. Poi però là fuori ci sono mille varietà diverse di famiglie, ognuna con le proprie gioie, squallori, storie e amori a cui è proibita questa definizione. Questo monopolio culturale è autoesplicativo della debolezza delle argomentazioni dei fautori che per semplicità (o sfinimento) chiamo anti-gender. La famiglia naturale così da loro descritta è anche essa un’evoluzione storica e una derivazione di una definizione di ciò che in altre epoche e tempi era destinato ad altro. Grosso modo questa definizione corrisponde a quella che i sociologi chiamano famiglia nucleare che è fotografia del modello famigliare della società industriale del XX secolo. Un modello rimasto per lungo tempo maggioritario nella società, quasi come i famosi cigni bianchi di Poppper, un modello che comunque cede il terreno a nuove evoluzioni, come la famiglia allargata, quella patchwork, quella monogenitoriale.. Ma sta famiglia tradizionale invece che cosa è? In Italia il diritto di famiglia è stato riformato sensibilimente negli anni 70. Vuol dire che bastano quarant’anni per rendere la famiglia di oggi tradizionale? Non proprio una lunga tradizione direi… E comunque, se torniamo indietro a quando è nata la Repubblica, la famiglia secondo le nostre leggi (e usanze) prevedeva il delitto d’onore, la dote… Di certo questi non sono aspetti esaltanti da considerare tradizionali e penso che nessuno si sognerebbe di riproporli, nemmeno gli anti-gender, almeno spero. Dunque, quale è questa famiglia tradizionale? A grattere fino in fondo, comunque senza fare molta fatica, la famiglia tradizionale è niente popo di meno che quella dove l’aspetto determinante e descriminante di un ordine valoriale superiore è stabilito da: identità di genere dei coniugi; loro orientamento sessuale; una relazione mogamica tra di loro; una discreta e opportuna figliolanza; una figliolanza preferibilmente frutto della relazione monogamica dei coniugi. A questo punto, sulla base di questo aspetto, e sulla base di quanto già detto rispetto alle regole, chiunque dotato di onestà intellettuale non può che convenire nel fatto che non è la cosiddetta e fantomatica teoria gender ad essere contro la famiglia naturale, semmai è la famiglia naturale che per esistere ha bisogno di quelle regole che gli studi di genere hanno identificato come vincolanti e discriminanti per le vite e per le relazioni degli individui. In quel concetto e in quella forma di “famiglia” non c’è riferimento alcuno nè allo scopo, nè alle finalità, nè all’utilità, nella alla sua creazione, nè alla sua destinazione nè al suo ruolo nella società. E’ solo una definizione della sua composizione e una descrizione arbitraria dei suoi componenti. Tutto ciò di importante che chiunque di noi vive e tocca delle famiglie che invadono le nostre quotidianità è tralasciato. Di diritti e doveri, nessuna traccia, dei compiti di un buon genitore, nessuna traccia. Di cosa parlo? Diritti e doveri della famiglia sono, tra i tanti, fedeltà, assistenza morale e materiale, condivisione dell’abitazione e dei bisogni fondamentali della famiglia. I modi per essere buoni genitori si caratterizzano, tra le altre cose, per la capacità di trasmettere affetto, insegnare rispetto, disciplina e garantire sicurezza Di questi aspetti non vi è nessuna traccia nella descrizione di “famiglia naturale” perchè si tratta di una definizione artificiale basata sulla volontà di discriminare chi non rispecchia determinati requisiti esclusivi. Infatti, orientamento sessuale, identità di genere e modalità riproduttive dei genitori non sono elementi nè sufficienti, nè necessari per determinare cosa è o cosa non è una famiglia se non quando si ha l’intento di discriminare e escludere una parte della popolazione. – Non abbiamo modelli da imporre e non si sta attentando a nessun modello. Si sta solo squarciando il velo del tempio e svelando che… forse, sotto sotto, non esiste nessun modello. Come recita il nostro Statuto, lavoriamo per l’abolizione delle discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e identità di genere e per lo sviluppo di una vita serena e soddisfacente.
Non ricerchiamo nè un monopolio culturale, come ci accusa di fare qualcuno, nè proponiamo un primato valoriale su un altro, come qualcuno denuncia tra una partita di poker e l’altra..
Di sicuro siamo operatori di cambiamento, perchè lavoriamo per un cambiamento che porti ad una società senza pregiudizi, discriminazioni e luoghi comuni nei confronti delle persone omosessuali e transessuali e sulla loro capacità di essere e fare famiglia.

 

Share
Top